Chomolangma - La Madre dei Continenti

Spedizione all'Everest dal versante nord, Tibet

Aprile - Maggio 2004

Pensieri

 7 aprile – Sulla via dell’Everest

E' una tiepida mattina nepalese e il profumo di viole, petunie, ed altro ancora giunge intenso e sorprendentemente dolce fino a me. Lo sciopero proclamato per tre giorni fa sì che gli unici suoni che si sentono in questa città normalmente caotica siano l'abbaiare dei cani e il canto degli uccelli. Così posso gustare il ritmo di un tempo che nella nostra vita quotidiana scorre sempre troppo veloce.

La via per l'Everest è iniziata. Un nuovo viaggio. Un nuovo cammino.

 

21 aprile – Sera

Fuori il vento soffia forte come ogni sera e le stelle scintillano a migliaia senza che la loro luce trovi ostacoli per arrivare fino a qui. Solo i profili delle grandi montagne delineano spazi bui rubati alla magia del firmamento. Ma sono anch’essi spazi pieni di magia.

 

2 maggio – Il vento

Un'onda inarrestabile di vento corre da due giorni tra creste, cime e valli.  Lo sbattere dei teli delle tende non lascia tregua e la neve che aveva rivestito le pareti è scomparsa catturata da qualcosa che non si può vedere. Ad ogni istante migliaia e migliaia di preghiere si innalzano dalle bandiere tibetane verso il cielo terso per raggiungere gli Dei che risiedono qui sul  loro trono più alto.

Noi, piccoli uomini e donne, restiamo attoniti davanti a tanta forza... non possiamo far altro che aspettare.

 

6 maggio - ....

....farfalle di luce volano nel vento.... si posano sull'acqua....e poi tornano a salire lassù...

 

15 maggio – “Casa”

Il vento è rimasto dormiente tutta la notte. Poi al mattino d'improvviso qualche nuova raffica a rompere il silenzio dei seimilacinquecento metri dove c'è la mia casa. Alcuni degli alpinisti si sono spostati ieri iniziando il cammino verso la vetta. Gli altri li seguiranno domani. Così resterò qui solo con lo staff nepalese, con i gracchi che sfidano l'aria sottile, davvero sottile, e con i pensieri che seguono gli amici che salgono verso l'alto e gli amici più lontani ma sempre dentro al mio cuore.

 

Domenica 16 maggio – Pomeriggio al Campo Avanzato


Il lieve sventolare delle bandiere di preghiera, il gracchiare di qualche uccello, il respiro affannato di un alpinista ritardatario. Null’altro.
Il campo avanzato è deserto. Milletrecento metri più in basso il campo base. Sopra, la squadra divisa tra i campi alti. Campo 1. Campo 2. Campo 3. Nomi che si ripetono e si intrecciano nelle comunicazioni radio. Realtà che posso solo immaginare e che prendono forma attraverso le parole degli uomini che in quei luoghi ora stanno riposando.
E’ una strana sensazione quella che provo. Sono seduta su una sedia, ma la sedia è in una tenda a 6500 metri. E’ buffo, devo fermare il pensiero in modo volontario su questo numero per rendermene conto. Altrimenti tutto sembra normale, quotidiano.
Dormire, mangiare, fare il bucato. Non avrei mai immaginato di vivere una giornata come questa… sola sotto la cima della Grande Montagna, lo spirito proteso ad accompagnare nuovi amici che lentamente salgono sfiorando i fianchi della Dea Madre della Terra...
Lo scricchiolio del ghiaccio si intreccia col sussurro del vento... L’energia di questo luogo sembra essere per un istante solo per me…


19 maggio – La quota e se stessi

.... più si sta in alto e più il sè stessi può volare....

Ritrovarsi.... ritornare...... di nuovo andare….

 

24 maggio – mattino - Spazio e cielo

Un'aquila ha sorvolato il campo. Leggera, maestosa, bellissima.
Lassù, ancora più in alto, piccoli uomini respiravano a fatica per giungere in vetta.
Stesso spazio. Stesso cielo.
Il mio sguardo è passato dall'una agli altri. Uno sguardo comunque incredulo.
Un attimo di indecisione... Chi essere? 

Avrei voluto avere le ali.

 

24 maggio – Sensazioni

Pomeriggio del 24 maggio.

Eccomi seduta al computer dopo una giornata iniziata questa notte all'una, con la prima comunicazione radio dai miei amici che lasciavano campo 3 verso la vetta. Qui, al campo avanzato, assolutamente sola, ho seguito insieme al campo base e a tutti gli altri dislocati nei vari campi, il cammino verso la cima. Alle 9.45 nepalesi una voce: "Ciao Patrizia, sono sulla cima dell'Everest". "Alex" gli ho risposto, "mi viene da piangere". "Anche a me". "OK, allora facciamolo". Ad Alex sono seguiti sempre senza ossigeno, Claudio e Karl e più tardi Mario. Lassù hanno lavorato per più di due ore  per eseguire misure con un georadar e altre diavolerie. Ora stanno scendendo, con la loro felicità forse non ancora perfettamente conscia, e la loro immane stanchezza. Piccoli uomini divenuti per un istante grandissimi lassù vicino al cielo. Uomini rispettosi. Uomini umili consci di ciò che stavano vivendo. Io li aspetto.

Sì, in questi giorni ho visto con i miei occhi sempre più increduli gente che nel 2004 si è cacciata nel bel mezzo della bufera senza quasi rendersi conto che avrebbe potuto non sopravvivere. Sì, ho visto con i miei occhi gente che non sa allacciarsi i ramponi e che usa uno Sherpa per far scorrere nelle corde fisse una maniglia. Sì, ho accolto nella tenda del campo avanzato l'italiano dato per disperso e che non fa parte del nostro gruppo ma di un piccolo gruppo autonomo,  e che nella bufera da campo tre aveva deciso di tentare la salita invece che correre in discesa e che è giunto a noi con dei bei congelamenti alle dita di una mano. Ho offerto il te a una donna giapponese che aveva al suo servizio 4 sherpa, uno dei quali le ha portato le 8 bombole di ossigeno che le sono state necessarie per giungere in vetta e tornare giù a passo di lumaca lenta, non dovendo far altro che succhiare da una cannuccia. Ho visto fantasmi passare a fianco della mia tenda, la prima sulla via dalla vetta, in su e in giù, gli occhi stralunati, convinti che raggiungere una cima di quasi 9000 metri sia come comprarsi un panino. Ho visto lo sbigottimento impossessarsi di molti dei componenti del gruppo di cui faccio parte, professionisti e amanti della montagna che mi hanno accolto in mezzo a loro e con i quali finalmente questa mattina ho potuto gioire in un momento di pura felicità in mezzo a quello che potrei definire senza ombra di dubbio "il circo dell'Everest".

"Ad ognuno il suo Everest" scrissi lo scorso anno quando mi trovavo sull'altro versante. Anche ora lo posso dire. Volevo partecipare ad una spedizione. Mi mancava questo tassello nel mio andare in montagna. Ecco ora sono qui. L'Everest è fuori da questa tenda. Sempre uguale. Sempre diverso. Forse un giorno la Grande Montagna si darà una scrollata e si toglierà di dosso chi non la rispetta. O forse semplicemente continuerà ad essere indifferente ai piccoli insignificanti uomini che su di Lei cercano la via verso il cielo.

 

27 maggio – Dal Tibet al Nepal

Spazi diversi uniti da una strada. Due mondi. Lo stesso nostro scorrere del tempo. O forse no?

 

31 maggio - Bodnath

Una notte al grande stupa di Bodnath. Monaci e gente comune assorta in profonda preghiera. Percorrere il cerchio sacro sotto agli occhi sereni e impassibili del divino. Le bandiere che sventolano nella tiepida brezza della notte. L’energia di un momento quasi irreale. Non essere soli. Pensare al mondo che insegue sogni di gloria, di potere, di denaro, e dimentica l’unica cosa di cui può essere certo e contro la quale nulla può fare. Dimentica che il ciclo continua, per poi finire e ricominciare, ma non più nello stesso modo, nella stessa forma. Dimentica che basterebbe solo un po’ più d’amore per rendere bellissima questa nostra vita.

 

1 giugno – Il cielo, poi la terra

Giorni e giorni vicino al cielo.

Poi la terra.

Poche ore ancora e tornero' a casa.

Con qualcosa di piu' dentro di me.

Con molto lasciato intorno a me.

Le parole fanno fatica a nascere e ad essere trasformate in segni su questo video......

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