Viaggio al monte Kailash - Tibet

 

 

 

"Nelle deserte pietraie dei monti troverai uno strano mercato: vi puoi barattare il vortice della vita con una beatitudine senza confini."

Milarepa (mistico e poeta tibetano 1021-1073).

 

 

4 Ottobre - Ultimo campo sull'altopiano
Non e' la prima volta che lascio questo paese alle mie spalle. Ho percorso molte volte le sue strade polverose. I miei occhi hanno visto l'alternarsi di valli dove pascolano centinaia di animali, di monti dai fianchi levigati o corrugati dal tempo, di territori immensi chiusi su un orizzonte da altissime catene innevate. Il mio sguardo ha seguito l'ondeggiare dell'erba sospinta dal vento, le acque dal lento fluire, la corsa di eleganti gazzelle, l'alzarsi del fumo da semplici campi di tende. La mia mente ha cercato le risposte a molte domande e infine si e' calmata nei silenzi profondi delle notti scintillanti di stelle. Sono tornata di nuovo e la mia strada si e' snodata tra incredibili dune di sabbia bianca, tra sacri laghi dalle acque cobalto, vicino a rossi cespugli tra distese di pietre, lungo fiumi dalle acque bloccate nel ghiaccio, bellezza cristallizzata di questa stagione. Come sempre, e sempre con stupore, quella che a un tratto puo' sembrare monotonia si e' sciolta nel tempo che scorre naturalmente e senza fretta tra spazi infiniti, portandomi a quella che era la meta del nostro andare. Passo dopo passo, immersa nel fluire ininterrotto di pellegrini coperti da pesanti vestiti, ascoltando il respiro che mi dona la vita, sono giunta infine al cospetto di qualcosa che non so definire. Cerco le parole dentro di me, ma non le trovo. I profili di due vecchie e scure montagne si incrociano formando un intaglio. Dietro si alza un'immensa parete. E' volta a nord e il ghiaccio aggrappato alla sua verticalita' cattura la luce dello spazio circostante, per farla sua in un riflesso che rimbalza su ogni cristallo, a formare un velo irreale di bellezza soffusa. Sono sovrastata. Sono ammaliata. Sono incantata al cospetto di cio' che vedo. Non e' solo un grande montagna quella che sta davanti a me. E' il centro. Questa e' l'unica cosa che riesco a pensare. Niente di piu'. Niente di meno. Solo due parole. Il Centro.
Tashi delek.
Patrizia.

Diario di viaggio
Dall’Italia al Nepal e da lì, con un volo spettacolare attraverso la catena himalayana, siamo giunti a Lhasa, capitale del Tibet. Dopo due giorni nei quali abbiamo visitato la città e hanno consentito un inizio di acclimatamento, siamo partiti con le jeep verso il Monte Kailash. Lungo il percorso abbiamo visitato Gyantse e Shigatse e i loro magnifici templi, ma quello che più colpisce non appena si lascia la capitale del Tibet è la sensazione di totale immersione in un paesaggio fatto di luce pura e di spazi senza confini. Percorrendo poco più di 1400 km attraverso i territori dove vivono i pastori con le loro tende tessute con filo fatto di pelo di yak, siamo giunti a Darchen, nelle vicinanze dei sacri laghi Manasarovar e Raksas, e delle ancora più sacre montagne ad essi associate, il Gurla Mandahta e il Kailash, chiamato dai tibetani Kang Rinpoche. Insieme ai pellegrini abbiamo seguito la Kora, il periplo della montagna, in senso orario, quello cioè dei buddisti, mentre i pellegrini Bon, l’antica religione del Tibet lo effettuano in senso opposto. Tre giorni di cammino, un cammino attorno a quello che viene considerato “il centro del mondo” da Buddisti, Induisti, Giainisti e Bon. In particolare per i tibetani ogni giro compiuto attorno alla sacra montagna costituisce un ulteriore avvicinamento al Nirvana e l’oltrepassare il punto più alto del percorso, il Dromla La, significa entrare in una nuova vita. Tornati a Darchen, dopo aver girovagato un po’ nei pressi nel Manasarovar e aver ripercorso per due giorni la strada dell'andata, abbiamo iniziato a seguire una via più a sud per avvicinarsi al confine nepalese, seguendo un tragitto che costeggia le propaggini nord dell’himalaya, dominate dall’imponente mole dello Shishapagma. Una magnifica e spettacolare strada taglia poi la catena himalayana, scendendo in modo vertiginoso fino a Zhagmu, cittadina sotto alla quale siamo entrati in Nepal e da lì tornati a Kathmandu.

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